Intervista a Denise

UN’ISPIRAZIONE DIVENTA MESTIERE

Racconta Denise

«Quando avevo tre anni mi chiudevo in camera ,mi coprivo con un foulard e a mio modo interpretavo le Quattro Stagioni di Vivaldi. Ero felice anche se  non  sapevo bene cosa fosse: c’ero solo io e la musica.»

L’inizio professionale è un po’ come nei film.

«Ero all’ultimo anno di accademia e alla Scala davano Il lago dei cigni. Una ragazza si infortuna durante lo spettacolo  io ero lì, in panchina, con addosso le mie  scarpette, non ho avuto nemmeno il tempo di agitarmi. Fu il mio battesimo del fuoco.»

 Ti abbiamo vista su Rai 5 ballare una delle due amiche con Natalia Osipova e Leonid Sarafonof nel Don Chisciotte.

«Oh, il Don Chisciotte è il mio preferito, sarà perché è la Spagna dei colori e dell’allegria, sarà perché è spensierato e felice, io ci vado pazza. L’abbiamo portato anche ad Astana in Kazakistan.

A proposito di touurnèe  Denise cita entusiasta le varie tournèe.

«È sempre bello  poter girare per il mondo, vedere realtà e teatri diversi. Oltre che in Kazakistan siamo stati al Bolshoi di Mosca, in Oman, in Polonia, quasi un mese in Brasile, a Hong Kong e a Tokyo, che mi ha davvero colpita»

Parlando di stili, oltre al classico…

«A me è sempre piaciuto il classico, mai avrei pensato di avvicinarmi ad altri stili come il neoclassico e il contemporaneo, eppure lavorare con Bigonzetti, ballare in Pink Floyd Ballet e in Notre Dame mi è piaciuto molto, mi sono divertita un sacco.  Il contemporaneo è una possibilità, prima credevo di esservi negata, ora con la maturazione artistica anche i miei gusti si stanno ampliando.

Quel che resta di sicuro è il sacrificio e la fatica, devi conoscere l’umiltà. Devi fare i conti con i tanti anni di studio e intanto l’adolescenza se ne va. Eppure rifarei tutto da capo, prenderei tutto, comprese le piaghe del mestiere. Le vuoi vedere?»

E Denise ci fa vedere i piedi un po‘ rovinati, le unghie non sembrano godere di ottima salute. Sorride.

«Per fortuna che sul palco passa tutto, la danza è una grande terapia, ti dimentichi il dolore e, quando scattano gli applausi, ti dici: sì, ne valeva la pena».